Negli ultimi tempi si è sentito spesso parlare del paradigma Gaap: “Governo come Piattaforma”. Di cosa si tratta? Quali i benefici e le prospettive? Quale il ruolo del GIS in tutto questo?

Il paradigma del “Governo come Piattaforma”, in inglese “Government as a Platform” (GaaP), fu coniato da Tim O’Reilly nel 2010 [1]. L’idea alla base è quella di rendere i cittadini “prosumatori” attivi. Un prosumatore è colui che consuma e produce. Questa figura è nata con il Web nel 1980 ad opera di Alvin Toffler [2].

Ma, in sostanza, che cosa vuol fare questo paradigma?

“Fondamentalmente vuole sottolineare il fatto che
l’innovazione può arrivare da qualsiasi parte – da dentro o fuori del governo” [3].

Già da anni si osserva un certo movimento nella direzione ipotizzata da questo paradigma. I dati, che tipicamente erano chiusi dentro gli uffici governativi e il cui accesso era riservato a pochi, sono sempre più resi accessibili a tutti tramite opportune interfacce. 

L’obiettivo è quello di rendere più personalizzata ed efficiente la relazione tra cittadini e governi. Di certo i possibili benefici e le prospettive che questo paradigma apre sono veramente tanti ed avvincenti. Come fa notare D. Alton in [4], le due parole “governo” e “piattaforma” si sposano bene.

Se, infatti, da una parte, il governo in una democrazia “è dove ci raduniamo per decidere le regole che vogliamo seguire”, “dove mettiamo tutte le nostre risorse che vogliamo investire in progetti che rispecchiano i nostri valori e il bene comune”, dall’altra parte la piattaforma rende possibile tutto questo. 

Servizi personalizzati e su misura, accessibili da qualsiasi luogo e dispositivo. Una possibilità in più per i cittadini di far sentire la propria voce e dare forma alla propria esperienza di cittadino nel proprio Paese.

Eh sì, le possibilità sono veramente infinite, anche se, chiaramente questo paradigma funziona solo se i cittadini sono interessati e desiderano essere coinvolti. Ad ogni modo, se il cittadino capisse i vantaggi nell’utilizzo di queste vie di interazione col proprio governo, probabilmente si lancerebbe subito nell’avventura.

Ad onor di cronaca, bisogna dire che non mancano le pecche della fase attuativa di questo paradigma. A livello internazionale, in [4] si fa notare che mentre i governi rilasciano i loro dati con le interfacce di accesso, attori di terze parti li utilizzano per costruire i loro servizi senza però dimostrare la stessa trasparenza e responsabilità dei governi.

Se puntiamo uno sguardo sul caso italiano, invece, [5] mette in luce la necessità di un cambiamento di mentalità: da una logica a compartimenti stagno verso una logica di integrazione trasversale che punti al raggiungimento di obiettivi comuni.

In [6], infine, gli autori concludono che è possibile applicare il modello GaaP, anche in Italia, ma c’è bisogno che la modularità delle diverse piattaforme, messe a disposizione delle agenzie pubbliche, venga orchestrata centralmente al fine di arrivare alla creazione effettiva di un valore pubblico.

Adesso che abbiamo il quadro completo possiamo chiederci:

Qual è il ruolo del GIS nell’applicazione del paradigma GaaP?

Per quelli che desiderano che questo paradigma diventi sempre più una realtà virtuosa, l’accesso ai dati geospaziali è una possibilità molto attraente. Come ci ricorda, Abhi Nemani, Chief Data Officer per la città di Los Angeles, i cittadini non vogliono solo avere informazioni sugli edifici accanto al proprio, sulla scuola che frequenteranno i loro figli, sulle nuove possibilità di business e così via, ma vorranno avere la somma di tutte queste informazioni: in altre parole, una panoramica globale della salute e del benessere della loro comunità.

Il GIS aiuta a disegnare questa panoramica o, altrimenti detto, “GIS helps paint that picture!” [3].